domenica 7 agosto 2011

Italia 150: non solo Anita, Risorgimento fu anche rosa

ON
di Silvia Lambertucci
 Anita ha combattuto con Garibaldi e la sua epopea ha assunto i contorni del mito; Rosalie Montmasson si imbarcò con i Mille, così come Antonia Masanello, che addirittura, per combattere a fianco delle camicie rosse, si vesì' e si fece passare per uomo. Ma non ci furono solo loro.
Spesso dimenticate, le donne giocarono, invece, un ruolo non da poco nelle vicende del Risorgimento Italiano, attive anche in prima linea, persino sulle barricate. A partire dall'autunno, per ricordare l'altra metà dell'Unità, si apriranno una serie di mostre, ci saranno convegni, presentazioni di libri.
Ma intanto, proprio per ricostruire i tanti tasselli di questo impegno dimenticato, la presidenza del consiglio lancia una campagna (su www.italiaunita150.it) per tentare una ricognizione dei monumenti, delle lapidi, delle sculture dedicate qua e là nel Paese alle eroine spesso invisibili che affiancarono i grandi uomini dell'Unità.
Di certo, a volerle cercare, le storie del Risorgimento combattuto dalle donne sono tante al Nord come al Sud, da Palermo a Venezia da Milano a Roma. Con protagoniste di tutti i ceti sociali, nobili, borghesi, popolane. Donne coltissime come la bergamasca Clara Maffei, amica di Manzoni e di Verdi e animatrice di un importante salotto. O battagliere come la siciliana Peppa 'a Cannunèra, al secolo Giuseppa Bolognani, forte e coraggiosa al punto da aiutare gli insorti, nella sua Catania, a trasportare un cannone alle spalle dei borbonici. O come la milanese Giuseppina Lazzeroni che, ''vestita di un corsaletto con pugnale e pistola alla cintura si fa onore fra i concittadini che combattevano gli austriaci a fianco di un fratello''.
Donne come Adelaide Cairoli, la madre dei celeberrimi fratelli Cairoli, che finanziò giornali patriottici, ospitò un salotto politico-letterario e intrattenne una fitta corrispondenza con gli intellettuali dell'epoca. O come Cristina di Belgiojoso, editrice, giornalista, avventuriera, che guidò da Napoli a Milano un battaglione di 200 volontari per sostenere l'insurrezione delle Cinque Giornate. Molte, come la principessa Belgiojoso appunto, furono costrette all'esilio. Tra queste anche Giuditta Bellerio Sidoli, che era innamorata di Mazzini e Luisa Blondel, moglie di Massimo D'Azeglio.
Altre finirono nelle maglie della polizia solo per aver cucito e ricamato bandiere. A Brescia, Carolina Santi Bevilacqua aveva allestito un ospedale da campo al seguito dell'esercito piemontese. A Venezia, un gruppo di donne aveva fondato la Pia associazione per supporto ai militari, coordinata, tra le altre, da Teresa Perissinotti Manin, con il compito di occuparsi dell'equipaggiamento delle truppe e dell'assistenza ai feriti. ''I nomi di coloro che fecero l'Italia sono noti, Mazzini, Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele. In quella storia i nomi delle donne sono molto rari - dice Emanuela Bruni, che coordina i progetti al femminile per l'Unità tecnica di missione della presidenza del Consiglio- eppure le donne rappresentano la metà dell'Unità, partecipando in maniera attiva alla costruzione della Nazione.
Donne determinate che con la loro forza non ostentata hanno costruito quel terreno, duro e fertile, su cui si è sviluppata l'Italia di oggi''. A raccontarlo, ci penseranno anche due grandi rassegne, la prima aprirà in ottobre al Museo del Risorgimento di Milano, l'altra a dicembre a Roma, nelle sale del Vittoriano.

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